Vero e falso nel romanzo

I fatti e i personaggi che descrivo in questo romanzo sono per la maggior parte reali e costruiti in base a una vasta documentazione. 

Nella descrizione delle vicende legate alla vita e alle realizzazioni artistiche di Michelangelo ho cercato di attenermi alle notizie riportate dai suoi biografi, Giorgio Vasari e Ascanio Condivi, e agli studi degli storici dell’arte che hanno approfondito in modo particolare la ricostruzione della giovinezza di Michelangelo e l’analisi delle sue prime opere, dal De Tolnay a Parronchi a Michael Hirst; ho preso anche posizione a favore di alcune ipotesi attributive o interpretative non da tutti condivise. 

 

Solo per quanto riguarda le situazioni personali e sentimentali ho lasciato maggiore spazio alla fantasia, come nel caso delle relazioni amorose con il giovane Battista a Bologna o con la prostituta Annalena a Roma. Entrambi questi personaggi sono di invenzione, a differenza di Piero d’Argenta, per anni fedele collaboratore e amico di Michelangelo che, stando a una lettera del padre Lodovico, su di lui aveva “posto amore come a figliolo” (ma l’ipotesi romanzesca che si sia trattato di più che un affetto quasi paterno non è suffragata da altri indizi). Sono di invenzione gli sgherri di Caterina Sforza e alcuni personaggi del mio primo romanzo, Il Tempio della luce, che "ritornano" in questo secondo (Niccolò Visconti e suo figlio Filippo).

 

E' frutto di fantasia la presenza del piccolo Michelangelo in occasione dell'uccisione di Giuliano de' Medici, ma è fatto reale che ancora in età avanzata lo scultore raccontasse di avere fissate nella mente le orribili immagini degli eccidi seguiti alla Congiura dei Pazzi.

La curiosa storia del Cupido dormiente è ancora per molti versi misteriosa e ambigua. Michelangelo sostenne sempre di essere stato vittima di una truffa di Baldassarre del Milanese e di essere stato all’oscuro delle sue macchinazioni, ma in realtà è molto probabile che lui fosse al corrente del tentativo di vendere l’opera come pezzo antico, portato avanti di concerto anche con Lorenzo il Popolano. Le successive vicende dell’opera sono quelle riportate nella “lezione” conclusiva del romanzo e nella trama stessa, con l’eccezione degli avventurosi tentativi di trafugare la statua e di un immaginario momentaneo ritorno dell’opera nella mani di Cesare Borgia, in occasione delle nozze di Lucrezia con Alfonso di Bisceglie, che sono invece frutto di invenzione.

L’unico personaggio storico tra quelli citati il cui interessamento per il Cupido non è storicamente accertato è la signora di Forlì, la valente alchimista Caterina Sforza. È però del tutto plausibile che ella fosse a conoscenza dell’esistenza della statua, dati i suoi rapporti di parentela sia con Raffaele Riario, sia con Ascanio Sforza, nelle cui mani l’opera passò.